Quando la filiera è sporca. Lo sfruttamento e il caporalato dietro il cibo nelle tavole italiane

thumb filierasporca“È possibile assicurare a tutta l’umanità un’alimentazione buona, sana, sufficiente e sostenibile?” Così si apre l’Expo 2015 e così si apre il rapporto di #FilieraSporca.

A scuola abbiamo partecipato ad un incontro con un rappresentante di questa campagna,  il giornalista LORENZO MISURACA, che ha come obiettivo quello di ricostruire il percorso dei frutti dai campi alle nostre tavole.

Già il nome della campagna è emblematico, infatti con il termine filiera si intende il sistema che comprende le principali attività e organizzazioni che concorrono alla distribuzione di un prodotto e con sporca si intende qualcosa che non è legale.

#FilieraSporca è soprattutto una lotta allo sfruttamento. Perché, mentre viene celebrato l’Expo come una grande occasione per rilanciare il Made in Italy, intere filiere agricole sopravvivono grazie allo sfruttamento del lavoro. Tutta l’Europa mediterranea produce in condizioni di grave sfruttamento i prodotti ortofrutticoli destinati in gran parte ai mercati del Nord. Il modello si sta estendendo e non risparmia regioni un tempo immuni come ad esempio il Piemonte. Quella che è stata trattata come un’emergenza umanitaria è in realtà il frutto di un vero e proprio sistema di produzione che in tutta l’Europa del Sud ha le stesse caratteristiche e che si nutre dello sfruttamento.

Molto spesso migranti e clandestini provenienti dall’Africa o dall’Est Europa trovano la morte in questo mercato clandestino ma di loro, i nostri telegiornali non ne parlano.

Il tema approfondito è legato al progetto Green My School

Sara Cresti e Erika Prosperanti, V BL

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