Tutela della Privacy in rete

Nell’ambito del progetto “Educare alla cittadinanza, alla legalità e alla Costituzione” A.S. 2018/2019 lunedì 20 maggio 2019 si è tenuto nell'Aula Magna del Monna Agnese un importante intervento dell’Avv. Maria Rita Mirone, avvocato del Foro di Siena specializzata in diritto della Privacy.

Tale intervento, nel quadro generale del progetto, è stato finalizzato a fornire agli studenti del nostro istituto le coordinate e gli strumenti necessari per riconoscere i propri diritti e quelli dei terzi in tema di riservatezza e a prevenire comportamenti che possano mettere a rischio questi ultimi. All’esito dell’incontro è emerso che conoscere il contenuto delle norme in materia di privacy è oggi necessario non soltanto dal punto di vista personale, al fine di evitare abusi nei nostri stessi confronti, ma anche e soprattutto sotto il profilo professionale qualora ci si accinga ad intraprendere certi tipi di carriere e/o professioni.

Essenzialmente i nostri dati personali come il nostro nome, email, fotografie, il nostro numero di telefono, la targa dell’auto, l’indirizzo di abitazione, il nostro codice fiscale, sebbene possano sembrare senza importanza rispetto ad un codice IBAN, al numero del nostro conto corrente, o il Pin della nostra tessera bancomat, non lo sono affatto. È evidente che questi ultimi dati, se conosciuti possono determinare la sottrazione di denaro, il che non è cosa da poco, ma anche dati più comuni e banali possono essere utilizzati per furti di identità (persone particolarmente esperte nell’utilizzo dei mezzi digitali potrebbero infatti fingere di essere altri soggetti e concludere contratti, acquistare beni etc.) oppure per marketing aggressivo o qualsiasi altra distorsione del loro utilizzo.

Nell’attuale periodo storico la vera ricchezza sono diventate le informazioni. Attraverso queste ultime il mercato può sottrarre sapere in merito ai nostri desideri e riproporci soluzioni, beni e servizi che non avremmo mai chiesto se non ci fossero stati presentati in un certo modo. Prova di tale affermazione è il fatto che ci sono veri e propri studi di comunicazione dedicati a creare nuovi modi di fare pubblicità, promozione, marketing. È opinione comune che l’utilizzo dei colori, dei suoni, delle parole, delle immagini, finalizzato al convincimento del consumatore medio o della influenza sui gusti e sulle preferenze abbia fatto il suo ingresso, a volte, anche nella politica attraverso l’utilizzo di slogan ad effetto che mirano a sollecitare una risposta precisa nell’animo delle persone. Pare quindi che il libero arbitrio del prossimo, il suo diritto di avere un libero convincimento in merito alla qualità di un prodotto, alla bontà di un’idea, non siano più in mano alla persona stessa ma vengano influenzati continuamente e “strattonati” in una direzione o nell’altra attraverso tecniche precise. Si pensi per esempio all’ utilizzo dei “cookies”. In termini pratici questo è un piccolo file, memorizzato nel computer da siti web durante la navigazione, e finalizzato a salvare le preferenze e a migliorare le prestazioni dei siti web. È vero, quindi, che quel piccolo file, per l’utilizzo del quale è richiesto il consenso dell’utente, registrerà le preferenze di quest’ultimo tenendo in memoria i dati della navigazione e in tal modo, i vari soggetti venditori che verranno a conoscenza di tali preferenze proporranno contenuti che il web ritiene possano adattarsi ai gusti di un certo tipo di utente. Ciò potrebbe non essere negativo da alcuni punti di vista poiché verranno riproposti contenuti per i quali si è mostrato interesse ma dall’altro lato, forse, impedendo di rinnovare una scelta di interesse, rende meno probabile l’interessamento ad altri contenuti che ipoteticamente potrebbero far mettere in discussione quella scelta. Come è evidente, quindi, fornire dati di navigazione o altri è un atto per il quale è necessaria una certa coscienza. La porta attraverso la quale le proposte, le influenze, le opinioni etc. possono entrare nel nostro mondo in una società informatica ha bisogno di alcune chiavi per essere aperta e i nostri dati rappresentano quelle chiavi. È per questo che il consenso all’utilizzo di quei dati è particolarmente importante e non deve essere fornito con leggerezza.

Ovviamente ciò riguarda i dati più comuni come il nome, la email etc. ma si pensi a cosa possa significare il possesso di dati sensibili quali l’orientamento sessuale, lo stato di salute, la religione l’orientamento politico etc. tali dati, notevolmente più importanti, potrebbero determinare discriminazioni, prevaricazioni ed abusi poiché la tutela della propria sfera privata verrebbe irrimediabilmente incrinata permettendo l’ingresso di influenze esterne, pressioni e contatti non sempre benevoli. Tale aspetto potrebbe essere importantissimo anche e soprattutto all’ interno delle strutture scolastiche quando si tratti di prevenire fenomeni di bullismo e discriminazione.

In definitiva è il singolo individuo che deve acconsentire a fornire i suoi dati perché in assenza del suo consenso le “chiavi del nostro mondo” devono restare in nostro possesso, ma ciò non basta. Tale consenso deve essere pienamente consapevole per essere utilmente fornito; in troppe occasioni si procede oltre alle informative da firmare o spuntare, vedendole come formalità inutili. Un giorno qualsiasi, nel bel mezzo di un pomeriggio di studio o di lavoro, invece, qualcuno ci chiama proponendoci un servizio o un acquisto di cui non sentivamo il bisogno, interrompendo la nostra concentrazione o facendoci perdere un’occasione o una telefonata importante e ci chiediamo dove abbia preso il nostro numero di telefono quando dovremmo essere a conoscenza del perché i nostri dati sono giunti in possesso di quel signore o di quella signora che è dall’altra parte della cornetta.

Tutto ciò è da considerare in quanto consumatori e in quanto soggetti tutelati da certe norme ma, se per un momento ci ponessimo “dall’altra parte dell’informativa”, nei panni di chi deve invece fornirla e trattare i nostri dati, ci renderemmo conto di quanto complessa e delicata possa essere l’attività di chi deve invece tutelare il prossimo nel fornire un servizio.

Informare qualcuno di cosa sarà dei dati più semplici che egli ci fornisce, dove finiranno questi ultimi una volta forniti - specie in una società informatica e digitale come quella presente nella quale con un click (giusto o sbagliato) certi contenuti possono essere condivisi con il mondo intero - non è affatto banale e pone di fronte ad una montagna di problemi, di variabili e di incognite.

La coscienza moderna ha dunque bisogno di una profonda riflessione in termini di riservatezza, che prenda in esame non solo la possibilità di fornire o trattare dati ma anche tutte le implicazioni che il mondo moderno comprende in tema di condivisione e comunicazione.

Noi abbiamo cominciato.

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